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Il 25 novembre sono trascorsi nove anni dalla scomparsa di don Ivo Rossi. La sua amicizia è ancora viva nel ricordo dei parrocchiani che ci hanno inviato una lettera per celebrare la ricorrenza. La pubblichiamo di seguito

Caro, carissimo don Ivo,

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In questo 25 novembre del 2024, ricorre il nono anniversario della tua salita alla Casa del Padre.

Il tempo sta correndo veloce; giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno; tutto ci appare trascorrere così rapidamente…

Ma nell’intimo dei nostri cuori, quelli di chi ancora è pellegrino su questa Terra, quel tempo inesorabile sembra essere rimasto immobile al venticinque novembre di quell’autunno di nove anni fa. Il giorno in cui ti abbiamo salutato e lasciato salire al Cielo.

Quel giorno, quel pomeriggio, le mura della tua chiesa, quella che hai edificato pietra su pietra e anima dopo anima, si sono riempite del tuo popolo, dei tuoi fratelli e delle tue sorelle che, in vita, hai tanto amato e che ti amavano.

Quel giorno, quella chiesa, ci è parsa quasi piccola, nella sua vastità.

Poiché siamo stati in tanti a volere dirti addio. Non sappiamo precisamente quante lacrime siano cadute al suolo, mentre il Vescovo di Rimini parlava, a tratti commosso, di te durante la funzione esequiale, tracciando il tuo ricordo di grande umanità e infinita dedizione alla Fede. No. Non conosciamo il numero delle lacrime che hanno solcato i volti dei presenti, ma è bello pensare che Dio, quelle lacrime, le abbia contate tutte, una ad una. Perché non erano solo espressione di dolore e di un indelebile senso di perdita; erano anche lacrime di emozionata gratitudine e sconfinata riconoscenza. Del resto, in vita, caro don Ivo, tu hai costruito per noi così tanto, laddove prima c’era solo il poco o persino il nulla. E forse noi non siamo stati capaci di restituirti altrettanto. L’eredità spirituale che ci hai lasciato del resto è incommensurabile; ce la stiamo mettendo tutta, non ci siamo arresi, assieme ai nostri sacerdoti, nel proseguire la tua opera a servizio di quella che è e resterà sempre la tua parrocchia e la tua comunità. Sì perché ci avevi già tracciato un percorso, spettava e spetta ancora a tutti noi, anche adesso, in questo preciso istante, continuare a camminare e seguire il solco di quel sentiero. Specie guardando al futuro più immediato; quello che tra un mese, darà inizio all’anno Santo del Giubileo 2025 che Papa Francesco ha scelto di dedicare alla virtù della Speranza. Con il titolo “Peregrinantes in Spem” ossia “Pellegrini di Speranza”.

Richiamare l’umanità alla Speranza, in questo preciso momento storico, è un atto tanto coraggioso quanto necessario e altruista.

Stiamo vivendo in un millennio lacerato da guerre che solo in apparenza sono lontane. Cambiamenti climatici repentini che hanno segnato e ferito il nostro territorio e tutto il nostro pianeta.

Poi c’è il potenziale rischio connesso al rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale che, oggi, sembra avere la tendenza alla preminenza nella nostra società sempre più iperconnessa. E altri temi di attualità sui quali il Pontefice ha voluto recentemente richiamare l’attenzione e il senso di responsabilità, non soli dei governanti delle Nazioni ma anche quella dei singoli, di ciascuno di noi, in virtù dell’essere tutti custodi del creato e curatori della nostra casa comune. Ecco allora la Speranza come virtù e àncora alla quale stringersi con tenacia e senso di affidamento filiale nelle braccia di Dio.

In quest’ottica vorremmo ricordarti, caro don Ivo, come un precursore della Speranza. Del tuo fedele abbandono alla volontà e alla provvidenza del Signore, che non ti ha mai abbandonato, nemmeno nei momenti più bui e nelle scelte più difficili. Perché tutti i tuoi pensieri, tutte le tue parole, tutte le tue azioni, tu le rimettevi a lui, al Signore, sapendo che Egli non ti avrebbe mai abbandonato. Anche perché nei tuoi quasi quarant’anni trascorsi come Parroco di San Mauro Mare e in definitiva, oltre cinquanta in questa comunità, hai vissuto tante, tante, prove. Hai persino conosciuto gli orrori e le atrocità del secondo conflitto mondiale, che hanno strappato a te e ai tuoi cari, due dei tuoi sette fratelli; Rodolfo e Quinto, assieme a tuo cugino Renato.

Se non avessi sempre avuto, anche in quei momenti, una Fede ed una Speranza incrollabili, oggi, forse, non saremmo qui a scrivere di te. Ma tu, caro don Ivo, hai sempre saputo guardare oltre, sforzandoti di accettare anche l’inaccettabile, di vivere il lutto ed il dolore tramutandolo in spirito di Carità, di amore gratuito per il prossimo. Senza mai una parola d’odio o di rancore. Sempre guidato dalla luce del perdono. Avevi compreso che la misura dell’amore è solo una: amare senza misura.

E poi, don, il tuo cuore umile e generoso, come quello di un bambino. Rimasto immutato fino all’ultimo istante, quasi un riflesso del Vangelo; quando Gesù indica agli adulti che la porta del Cielo è aperta a chi resta come un fanciullo, ovvero nell’innocenza, con un animo puro ed un cuore incorrotto e capace di amare. Proprio come lo è sempre stato il tuo, fino alla fine.

Ogni anno che trascorre, caro don, diventa sempre più difficile ricordarti, non per la difficoltà di trovare le parole, ma per il bisogno, mai sopito, che abbiamo di poterti riavere fra noi… a guidarci, a incoraggiarci, ad indicarci ancora una volta la strada giusta.

La consapevolezza che ciò è un desiderio inesaudibile rende tutto più difficile.

Tuttavia, c’è una certezza che ci consola, che ci aiuta enormemente, quella che ora sei nell’abbraccio del Signore che dopo una lunga, operosa e prospera vita, infine, ti ha chiamato a sé. E che da quel Cielo infinito e immortale continui a volgere su di noi, sulla tua Chiesa, sul tuo popolo, sul tuo gregge di anime, sulle persone che ti hanno conosciuto e amato, il tuo sguardo ricco di umanità e compassione. E noi preghiamo, oggi, come ad ogni anniversario, che tu da lassù possa continuare a guidarci, specie nelle prove e nei momenti più difficili.

In conclusione, caro don Ivo, vogliamo ricordarti con le tante lettere, le e-mail, i messaggi, che sono giunti alla Redazione della tua parrocchia, nei giorni successivi al tuo ricovero in ospedale e dopo che ci hai salutati per l’ultima volta.

Scritti commossi, ricchi di tenerezza, nostalgia e riconoscenza. Alcuni giunti anche da altre regioni d’Italia, da Nord a Sud a testimonianza dell’affetto di tutti; parrocchiani e villeggianti.

Del resto, la porta della tua chiesa don era sempre, sempre, aperta… eri continuamente pronto ad accogliere ed ascoltare chiunque, senza mai cedere alla stanchezza. Un esempio incrollabile di attenzione al prossimo e dedizione assoluta alla tua vocazione sacerdotale per la salvezza delle anime, di ogni singola anima, che per te faceva sempre la differenza!

Vorremmo scriverti, in questo giorno, caro don Ivo, tanto, tanto, altro… ma anche le parole migliori, quelle più intense e toccanti, non possono superare la concretezza e la tangibilità di un abbraccio. Un abbraccio lungo, forte, grande, infinito e silenzioso. Un abbraccio che parte dal più profondo dei nostri cuori pulsanti e dalle parti più belle e recondite della nostra anima. Un abbraccio, che ora noi, in questo giorno di fine novembre, ad un mese dal Santo Natale e dal principio dell’anno Giubilare, ti mandiamo davvero, da questa Terra fino a quel Cielo a noi ancora sconosciuto, ma che ne siamo certi, accoglierà il nostro piccolo, grande gesto d’affetto, assieme alla nostra preghiera.

Grazie, don Ivo, grazie, grazie di tutto e per tutto!

Perché ora e sempre, il tuo gregge di anime, che hai custodito così a lungo; per grazia di Dio, ti ricorda e non ti dimentica.

(Lettera a cura di Mattia Grossi – novembre 2024)