Non tutti sanno che nel calcio esisteva un record che risaliva addirittura al lontano 1931. Era quello del calciatore più anziano ad aver debuttato in serie A. Lo deteneva il brasiliano Amìlcar che appunto nel 1931, all’età di 38 anni, giocò la prima partita nella massima serie con la maglia della Lazio.
Il record è stato battuto domenica scorsa 15 maggio da <+nero>Maurizio Pugliesi<+testo_band>, portiere anche del Rimini per ben sei campionati, che all’età di 39 anni e 5 mesi, con la maglia dell’Empoli ha fatto il suo esordio in serie A contro il Torino.
Maurizio, emozionato?
“È stata una gioia immensa, goduta in un modo tutto particolare perché raggiunta in un’età in cui le emozioni hanno un sapore diverso rispetto all’età giovanile. Poi abbiamo vinto e raggiunto il decimo posto. È il massimo che si poteva fare”.
L’emozione del debutto è stata condivisa dai suoi due figli che l’hanno accompagnata alla presentazione a centrocampo prima dell’inizio della partita.
“Come in tutte le partite in programma ogni giocatore era accompagnato dai propri figli. Io avevo per mano Alice e Matteo che forse erano più emozionati di me. In tribuna c’erano anche tutti i miei cari, da mia moglie ai miei fratelli”.
Due ciliegine sulla torta: i cori dei tifosi e il riconoscimento del commentare tecnico di Sky che l’ha nominato ‘Uomo partita’.
“Sinceramente non mi aspettavo tanto affetto da parte dei tifosi empolesi. Eppure fino a domenica scorsa non mi avevano mai visto giocare. Pensi che lo striscione che avevano esposto allo stadio, me lo hanno poi messo anche sotto casa. Cosa c’era scritto? «Un sogno che si avvera. Grazie Puglie». Riguardo a Sky nemmeno sapevo del riconoscimento. Che dire? Tutto bello. Indimenticabile”.
Un grazie penso vada anche a mister Giampaolo che a differenza di Sarri, allenatore dello scorso anno, si è ricordato di lei.
“Questo è vero, però, ci tengo a dire che debbo ringraziare tutta la società che ha spinto perché vivessi questa gioia e un grazie anche a mister Giampaolo che ha avallato questa possibilità”.
Chissà quanti messaggi e telefonate…
“Sono stati tanti i messaggi che mi sono arrivati, soprattutto da gente estranea al mondo del calcio e la cosa mi ha fatto ancora di più piacere”.
Da Rimini?
“Del «vecchio» Rimini mi ha chiamato il preparatore dei portieri di allora «baffo» Bellucci e poi tanti amici che ho conosciuto nei miei sei anni trascorsi in Riviera e che col calcio hanno poco da spartire”.
Sei anni con la casacca biancorossa non si cancellano facilmente.
“Sono ancora molto attaccato al Rimini perché ho vissuto sei campionati bellissimi, indimenticabili, al di là della sfortunata retrocessione in serie C. Vedere ora i biancorossi lottare per non retrocedere fa molto male e spero tanto che prima o poi il Rimini torni a far sorridere i suoi tifosi”.
Poi sappiamo che ogni tanto una capatina a Rimini con la famiglia la fa.
“Sì, come dicevo prima ho degli amici che non fanno parte dell’ambiente del calcio. Sono amici che incontro volentieri, soprattutto mia moglie che faceva volontariato con l’Auser, con Mario Sacripanti e Gabriella Mini che purtroppo sono mancati entrambi. Erano i nostri nonni di Rimini”.
Beppe Autuori