Sembrano lontani i tempi in cui Miramare godeva di una spensieratezza dovuta alla minore congestione rispetto a Rimini, al maggior verde, all’immediato accesso del suo centro al mare. La prima lottizzazione di quelle dune un tempo chiamate Il Terzo (perché giacenti sul terzo miglio della Flaminia) avvenne nel 1905 con l’intento di connettere le espansioni costiere di Rimini e Riccione. Ne derivò una stazione balneare con particolare dedizione alle famiglie. “È davvero singolare il tono di pace e di tranquillità che si nota a Miramare – si legge sul Corriere Padano del 7 giugno 1933 -. Una fra le tante ragioni per cui quella classe di forestieri che va al mare per riposare scelga questa ridente spiaggia piuttosto che le consorelle vicine”. Così nel ’35: “Questo è l’angolo fiorito dove le famiglie vengono a rifugiarsi”. Cosa è cambiato da allora?
Dimenticati da tutti. La repentina espansione rivierasca ha saturato il tessuto urbano a mare della Statale Adriatica. La sua rete stradale riesce a stento a contenere il traffico veicolare, soprattutto quello estivo. “Miramare è sempre stata sottovalutata – lamenta un residente che ha rinunciato a partecipare agli incontri di quartiere -. Quando vengono i politici per discutere, vengono con la decisione già presa”. Il senso di impotenza aleggia lungo la spina centrale di via Costantinopoli dove abbiamo raccolte diverse voci.
Degrado generale. “Una volta i negozi avevano un altro stile quando erano gestiti da gente del posto. Ora è pieno di bazar di stranieri”, riguardo ai quali la gente si domanda: “Come fanno a permettersi l’affitto, anche d’inverno, vendendo braccialetti a 50 centesimi?”. Ciò di cui parlano è il sospetto di infiltrazioni mafiose di cui si sente parlare sempre più spesso in zona: criminali che scelgono gli alberghi e i locali della riviera per ripulire il denaro sporco. Un tema che rimane sul piatto finché non si accumulano prove. Il degrado di cui la gente parla è a tutti i livelli, non solo di stile, ma anche economico.
Alberghi in deperimento. “Qui le strutture sono indietro di 10 anni rispetto a Rimini e Riccione – constata un ex albergatore miramarese -. La clientela è diventata selettiva: un tempo dormivano su giacigli di fortuna. Oggi persino i giovani pretendono il box doccia, assente nell’80% dei nostri hotel. Servono investimenti: le banche dovrebbero prestare denaro a basso costo per favorire l’innovazione”, quando invece “gli albergatori accendono mutui per pagare le tasse”, sottolineano altri. “Alberghi decadenti che non lavorano finiscono per essere affittati ad altri, specialmente meridionali o stranieri, che non conoscono la tradizione e il cliente – prosegue l’ex albergatore -. Molti chiudono la cucina per risparmiare, svendendo le camere anche a 15 euro a notte! Il servizio è spesso scadente; si parla di scarsa pulizia”. Miramare ha sempre lavorato molto con le famiglie dell’entroterra, perché i giovani preferiscono i luoghi della movida. “Ma da quando hanno fatto pubblicità alla violenza non va più così. Le famiglie con bambini hanno paura. Il cliente principale è stato sostituito dai gruppi di anziani che pagano anche solo 22 euro per una pensione completa, bevande e ombrellone inclusi”. Molti edifici vecchi sono stati trasformati in residence che lavorano solo d’estate, ma con ospiti anche in inverno. La denuncia: “Ci vanno le prostitute e coloro che si nascondono alla giustizia”, come alcuni controlli dei Carabinieri hanno portato alla luce.
Altro problema, la viabilità. Mancano i parcheggi e si lamenta l’eccessiva presenza di divieti di sosta: “Fanno multe a tutto spiano d’estate quando è impossibile trovare un posto libero. Serve più clemenza”. Un negoziante suggerisce il disco orario: “C’è gente che fa la stagione e che lascia parcheggiata la macchina di fronte al negozio per settimane”. Leitmotiv, la manutenzione dei marciapiedi: “Spuntano radici ovunque”. Il Trc o Metrò di Costa (i lavori interrompono da mesi via Lugano), invece, dispiace più che altro a chi ci abita di fronte, e leva parcheggi.
Il disinteresse. “Se Miramare, così come tante altre realtà italiane, vive un forte degrado non è solo colpa della politica”, si sente dire in uno dei bar centrali dove non manca l’autocritica: “Perché cedere le proprie strutture a persone di dubbia professionalità? C’è una tendenza a pensare solo ai propri affari. Manca uno spirito di comunità che punti al bene di tutti”. E ancora: “Tutti si lamentano, ma nessuno fa niente. Serve un comitato vero che richiami a gran voce l’attenzione su Miramare e si impegni per migliorarne la vivibilità. Solo unendo le voci si può sperare in soluzioni concrete. Manca la volontà popolare di fare meglio”.
Non è da molto alla guida della parrocchia di Miramare don Giovanni Vaccarini, ma sembra aver già un quadro ben preciso delle problematiche di una comunità che interagisce poco, che vive lo scompenso tra estate ed inverno in seguito alla stagione balneare e che possiede una chiesa molto vicina alla spiaggia ma staccata dalla zona residenziale. “Gli 8.000 abitanti sono sparsi su un territorio vasto e disomogeneo – afferma il parroco -. E nel corso degli anni la popolazione è molto cambiata: di vecchi miramaresi e discendenti ne sono rimasti pochi. C’è tanta gente di luoghi diversi che transita per poco tempo. In passato questo fenomeno era dovuto al personale dell’aeroporto militare. Oggi dipende dal lavoro stagionale o comunque da persone che arrivano qua in cerca di occupazione, dall’Italia e dall’estero”.
Anche la perdita del Quartiere per don Giovanni è ascrivibile ai dati negativi. Quale sfida, dunque, per la chiesa? “A noi è richiesto un impegno immediato per ricostruire il tessuto sociale e umano della nostra realtà”.
Mirco Paganelli