L’assedio di Leningrado – parte prima
Tra il 1941 e il 1942, in pieno secondo conflitto mondiale, la Regia Marina Italiana prese parte alle operazioni belliche sul lago Ladoga in Russia, in cooperazione con forze navali germaniche e finlandesi per conto dell’Asse, nell’ambito dei più vasti eventi dell’assedio di Leningrado. Durante queste operazioni, uno dei ruoli più decisivi fu giocato da una specifica formazione dei reparti italiani: la XII Squadriglia M.A.S. che, tra i suoi componenti, contava uno di noi, un riminese. Con questo racconto voglio ricordare e onorare i marinai e tutti i militari che diedero la vita per il benessere ed il progresso del nostro Paese.
Durante l’ultima guerra molti uomini di mare, dai naviganti ai pescatori, dai comandanti ai mozzi, persero la vita per i loro atti di quotidiano eroismo e molti altri, i più fortunati, la salute. Tra i personaggi spesso ignorati dalle istituzioni e dalla cultura dominante va inserito proprio questo riminese, il nocchiere Nicola Padovani detto “Lùngo” (anno di leva 1921). Padovani fu avviato alla attività marinara, secondo la tradizione del tempo, in tenera età dal padre Matteo, detto “e Gàgg”, che era armatore.
Essendo il più piccolo di sei fratelli, frequentò le scuole marittime, dove acquisì il diploma di padrone marittimo e motorista. Il salto dalla storia locale a quella della Patria avvenne con gli eventi bellici dell’ultimo conflitto mondiale quando Nicola, felicemente imbarcato sul trabaccolo a vela “Nuovo Duilio” alla fine del maggio 1941, ricevette l’ordine del servizio militare obbligatorio, in Marina, con partenza fissata il 4 giugno senza alcuna proroga. Nicola, assieme ad altri ragazzi, partirono da Rimini per Venezia, raggiunsero la caserma San Daniele per il periodo di istruzione per poi essere inviati a La Spezia al fine di ricevere l’assegnazione ai vari corpi di imbarco. Dopo un periodo di addestramento, “Lùngo” fu assegnato alla XII Squadriglia M.A.S.
Da qui inizia la sua odissea, che lascio scoprire attraverso il suo racconto.
La guerra con la Russia
Una mattina dell’aprile 1942, il capitano di Corvetta Giuseppe Bianchini fu chiamato nell’ufficio del sottocapo di Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Sansonetti. Sul grande tavolo delle carte marittime era aperta una carta geografica che comprendeva la Finlandia e la zona russa, in cui ferveva, in quell’epoca, la battaglia di Leningrado. Il sottocapo di Stato Maggiore si avvicinò al grande tavolo e, rivolgendosi all’ufficiale, indicò il lago Ladoga. “Occorre arrivare qui con mezzi navali adatti. – disse – Dobbiamo fare il possibile per chiudere questa via, che è l’unica rimasta ai russi per rifornire Leningrado”. Lo sguardo del comandante Bianchini compì un giro d’orizzonte, ai margini della carta geografica. Le sue riflessioni, in verità molto confuse, furono interrotte dal suo superiore, che aggiunse: “Prepari una spedizione in grado di operare senza alcun aiuto diretto dalla Patria, quindi da parte nostra. Le do carta bianca, organizzi tutta l’indipendenza logistica e faccia onore alla bandiera”.
L’ufficiale provò ad orientarsi mentre il sottocapo di Stato Maggiore riassumeva la situazione strategica sul fronte di Leningrado: forze tedesche e finlandesi circondavano le difese russe per i quattro quinti; forze leggere della Marina germanica avevano bloccato a ponente il golfo di Finlandia e, a sud-est, erano state tagliate tutte le linee di rifornimento mentre lo schieramento germanico si era affacciato sino a Schusselburg, praticamente sul lago Ladoga. Ma la via a est rimaneva sempre aperta ai russi, grazie al Lago.
Il progetto a cui aveva accennato l’ammiraglio Sansonetti sanciva l’avvio degli accordi intercorsi tra la Marina italiana e quella germanica per incrementare le forze navali sul lago, in previsione di ulteriori sviluppi operativi sul fronte di Leningrado. Al comandante Bianchini toccava il compito di trasferire sul lago Ladoga una Squadriglia di quattro M.A.S., rendendola in grado di intervenire efficacemente con azioni di blocco e di disturbo contro i rifornimenti russi. Poiché i finlandesi non disponevano di unità navali sul lago Ladoga, alle operazioni presero parte i nostri M.A.S. assieme a forze germaniche costituite da sette vedette posamine e da una trentina di motozattere fortemente armate. Decisa per i primi di maggio, l’“Operazione Lago Ladoga” ebbe venti giorni di lavoro intenso, in cui ad ogni istante sembrava che le difficoltà si moltiplicassero e sempre nuovi ostacoli si parassero davanti. Il solo viaggio di trasferimento da La Spezia alla baia Sortanlahti in Carelia costituì una specie di avventura: i M.A.S., caricati su grossi rimorchi trainati da potenti camion, dovettero percorrere 650 chilometri da La Spezia a Rosenheim, attraversando il passo della Cisa, Verona, Bolzano, Brennero, Innsbruck e Worgl Kufstein.
Si dovettero demolire poggioli ed altre sporgenze di case dove la strada si rinserrava nell’abitato e scaricare i M.A.S. facendo scorrere le loro slitte su rulli sul piano stradale. Da Rosenheim a Stettino, vi sono 850 chilometri d’autostrada. Gli equipaggi e il personale della piccola base di appoggio (radio, officine di riparazione, servizi) avevano raggiunto Stettino in treno, in anticipo di un paio di giorni. A Stettino furono presi accordi con le autorità marittime locali e i M.A.S furono imbarcati sul piroscafo Thielbeck, che dopo tre giorni di navigazione nel Baltico portò la spedizione ad Helsinki. A questo punto la spedizione si divise in tre parti: la prima costituita dai M.A.S., che via mare, canali e laghi doveva portare le unità a raggiungere la seconda che, via treno guidata dall’ufficiale capo del servizio motori e scafi, il tenente Guidotti, si era portata a Kakisalmi (qui i M.A.S. avrebbero dovuto essere portati in secco e caricati su vagoni ferroviari per compiere l’ultimo tragitto prima di raggiungere le sponde del Ladoga). Un terzo gruppo, infine, guidato dal tenente commissario Buchberger, un triestino svelto e pieno d’iniziative, doveva dislocarsi prima a Lahdenpohja e poi a Sortanlahti, punto d’arrivo sul Ladoga, insieme ai materiali per seguire ed organizzare il trasporto, nonché la sistemazione del personale alla base definitiva. Continua…
a cura di Pier Domenico Mattani