Numeri in calo per le adozioni internazionali. Nessuna novità per una tendenza nazionale che investe anche il nostro territorio: in 10 anni infatti le richieste all’Ausl di Rimini sono passate dalle 56 del 2005 alle 40 del 2015. Il 15 febbraio Antonio Crinò, portavoce di una rete di 20 enti autorizzati alla gestione delle adozioni internazionali, è andato in Senato snocciolando numeri preoccupanti: «Il numero delle coppie che hanno scelto di conferire mandato per le adozioni internazionali è passato dalle 3.450 del 2011 alle 1.250 del 2016, che equivale a un crollo preoccupante del 60%. Oltre 3.300 sono le procedure in corso. Si sono allungati anche i tempi, passati dai 2 anni del 2011 ai 3 del 2017».
Che cosa succede? Le difficoltà sono molte, un percorso lungo (una media di 3 anni) e difficile fatto di valutazioni personali e familiari, un notevole impegno economico e tanta, tanta burocrazia che può scoraggiare anche le coppie meglio intenzionate. Ovvio che di base esiste il diritto e la tutela del bambino ma ci sono alcuni nodi che potrebbero essere sciolti, soprattutto in alcuni casi.
Questo perché dietro ai casi ci sono le persone. Nell’ottobre del 2016 quando ho cominciato a occuparmi di adozione internazionale ho incontrato Bianca Festa, avvocato riminese, mamma di Ephrata, la bimba etiope che nel 2013 è entrata a far parte della sua famiglia, insieme al marito Paolo Magotti. Una storia difficile, il percorso iniziò nel 2010 ma con un lieto fine. Già in quell’occasione Bianca mi raccontò della sua volontà di adottare un secondo bimbo, ma “mai ci saremmo aspettati di vivere lo stesso dramma del Congo di qualche anno fa racconta oggi.
La vicenda è scoppiata a inizio gennaio e riguarda il paese di provenienza del nuovo bimbo, lo stesso di Ephrata: l’Etiopia. “Dopo aver intrapreso nuovamente tutto il percorso, iniziato i primi mesi del 2015 (fatta eccezione per 4 incontri di gruppo, ndr), a fine anno, abbiamo inviato tutti i documenti in Etiopia. Ma a gennaio ci è arrivata la notizia che il Parlamento etiope ha abolito l’adozione internazionale agli stranieri, chiudendo di fatto il canale esistente con il nostro Paese”.
Già dal 10 gennaio si apprende che il Parlamento etiope ha approvato questa nuova legge in materia di adozioni che – secondo quanto riferisce la stampa internazionale, dalla BBC a Time, partendo dalla locale Fana Broadcasting Corporate – chiude le adozioni internazionali. La motivazione messa in campo dai media si riferisce a un episodio del 2013, quando una tredicenne etiope adottata negli Stati Uniti venne uccisa e i suoi genitori condannati per omicidio colposo.
“Certo è un caso drammatico, tremendo – riferisce Bianca Festa – quello che viene richiamato dalle testate giornalistiche a giustificazione di tale scelta normativa, che però non legittima l’abolizione di un istituto che per la stragrande maggioranza dei casi rappresenta la vita per tantissimi bambini orfani o abbandonati. La legge, però – continua Bianca Festa – non è ancora stata ufficialmente pubblicata e ci sono circa 85 coppie in Italia che attendono il da farsi. La Commissione Adozioni Internazionali deve tutelare queste coppie e risolvere la situazione”. In realtà delle 85 coppie citate, 37 dovrebbero riuscire a far arrivare in Italia il loro bambino perché era già stato fatto un abbinamento: cioè alla famiglia era stato abbinato un bimbo.
Badate bene non stiamo parlando di piccoli numeri: fra il 2000 e il 2015, infatti, sono stati adottati da famiglie italiane 3.115 minori originari dell’Etiopia, di cui 1.500 circa con il Centro Aiuti per l’Etiopia, l’ente cui si è appoggiata anche la famiglia Magotti. In generale negli scorsi anni l’Etiopia è stata uno tra i primi Paesi di provenienza dei bambini adottati nel mondo, il terzo per la precisione con «1.539 minori adottati nel 2004, il picco di 4.553 minori adottati nel 2009, 1.086 minori adottati del 2014, con una contrazione rispetto al picco del 76,1%» (dati forniti dal Report Commissione Adozioni Internazionali). L’Etiopia è per l’Italia l’ottavo Paese d’origine dei minori adottati.
“Ci stiamo facendo sentire – prosegue – chiediamo che venga ascoltata la nostra voce. Chiediamo che venga recepita la legittima richiesta di tutela avanzata da tutte le coppie che hanno in corso procedure di adozione in Etiopia, e che, nel pieno rispetto delle normative italiane ed etiopi, oltre che degli accordi tra i due stati, ancor prima della entrata in vigore della legge che abolisce l’istituto dell’adozione internazionale, hanno inviato il proprio dossier in Etiopia”. Non è possibile, infatti che la legge venga applicata retroattivamente.
Adesso si aspetta. “Abbiamo predisposto tutti i documenti necessari, ci siamo sottoposti ad esami medici, redatto dichiarazioni notarili, legalizzando e asseverando quanto necessario, sempre nel pieno rispetto della normativa vigente, così ottenendo – prima dell’approvazione di questa nuova legge – il visto sui nostri documenti proprio dall’Ambasciata Etiope a Roma. Il nostro fascicolo è attualmente depositato in Etiopia corredato da tutti i documenti richiesti dalla normativa in materia vigente per poter adottare un minore etiope”.
Speriamo che la Commissione Adozioni Internazionali riesca a comprendere di avere tutti gli strumenti per poter salvaguardare tutte le coppie italiane coinvolte e, soprattutto, tutelare quei bambini in attesa di una famiglia già da anni pronta ad accoglierli con amore.
Non ci sono altre parole per raccontare questa storia. La seguiremo, però, e continueremo a parlare di adozioni internazionali soprattutto per mettere in evidenza quali sono i problemi che incontrano le coppie che cominciano questo percorso.
Angela De Rubeis